L'allenamento LSD

24. luglio 2018

Dopo Emil Zatopek, che ebbe grande successo con l’allenamento ad intervalli negli anni Cinquanta, fu la volta di Arthur Lydiard. L’allenatore neozelandese prediligeva le lunghe corse di allenamento e una volta alla settimana faceva fare una corsa di resistenza di due ore persino ai mezzofondisti che dovevano gareggiare negli 800 metri.

Fu Lydiard a coniare il termine “LSD” (Long Slow Distance). Da allora la corsa costante lunga e lenta è la base per ogni allenamento di resistenza, anche per i mezzofondisti. Ma più è lunga la distanza di gara, tanto più importante diventa la long run. Quando ci si prepara per una corsa di 10 chilometri o persino una maratona, si può magari anche saltare un allenamento di velocità e avvicinarsi lo stesso al proprio obiettivo di gara. La corsa lunga e lenta, invece, è indispensabile. Va inserita obbligatoriamente nel programma di allenamento una volta alla settimana. Nessun altro allenamento prepara il corpo in modo tanto efficiente allo sfruttamento delle riserve di energia. 

La corsa lunga dovrebbe essere più lunga almeno del 50% rispetto alle normali corse di resistenza, ma è consigliabile aumentare gradualmente la distanza settimana per settimana e non iniziare con corse troppo lunghe. Con la long run il metabolismo viene allenato ad utilizzare le riserve di grasso come fonte di energia e a risparmiare le riserve di carboidrati (glicogeno), utilizzandole più tardi o sempre di meno. Le corse lunghe migliorano inoltre la capacità di trasportare ossigeno e sostanze nutritive ai muscoli, preparando anche l’apparato muscolo-scheletrico alle particolari sollecitazioni meccaniche di una competizione a lunga percorrenza, un criterio decisivo soprattutto nell’allenamento dei maratoneti amatoriali.

Velocità uniforme o progressiva?

La versione uniforme e lenta della corsa lunga è tutt'oggi ancora la migliore per i corridori meno esperti e anche per quelli più anziani che tendono a subire lesioni o soffrono il sovraccarico. Il ritmo è lento, cioè circa due minuti al chilometro in meno rispetto alla maratona. Un buon indicatore è la frequenza cardiaca, che in questo tipo di allenamento è compresa tra il 70 e il 75 percento della frequenza cardiaca massima, quindi in un range molto agevole. 

I corridori esperti possono anche utilizzare il “metodo africano”, cioè: partire lentamente, di circa 1:30 minuti più lenti della velocità della maratona, aumentando poi ogni quattro o cinque chilometri di 15 secondi al chilometro, in modo da essere, negli ultimi chilometri, solo leggermente più lenti della velocità di gara. 

I maratoneti kenioti spesso corrono così forte, in quelle che anche loro definiscono long run, che negli ultimi dei 35 o addirittura 40 chilometri tengono un ritmo addirittura superiore a quello della maratona. In questa versione della corsa il metabolismo viene allenato in modo tale che alla fine sia ancora possibile aumentare la velocità. Attenzione: la versione impegnativa è dura anche a livello mentale. Ci si sforza quando le gambe sono già stanche, proprio come in una maratona, dove spesso sono gli ultimi chilometri a decidere successo o fallimento.

 

 

 

I corridori che vogliono correre una mezza maratona o una maratona possono quindi cercare di percorrere gli ultimi chilometri di una corsa lunga alla velocità di gara. Si fa così: corri a un ritmo relativamente comodo, alla velocità LSD. Nell’ultimo quarto del percorso passi alla velocità di gara. Per rallentare il motore alla fine dovresti ridurre nuovamente la velocità per alcuni minuti. Attenzione però, perché con questa speciale versione della corsa lunga non dovresti superare i 20 km circa (preparazione per la mezza maratona) o i 30 km (maratona).

Metodo “run-walk-run” di Galloway

Il guru della corsa americana Jeff Galloway, partecipante alle Olimpiadi, autore e consulente di innumerevoli corridori, ha anche un’altra versione da offrire. Consiglia infatti il metodo “run-walk-run”, soprattutto ai corridori più anziani e pesanti. “Questa alternanza tra corsa e camminata” spiega in uno dei suoi libri “porta gli stessi benefici fisiologici di una corsa di resistenza costante, ma con il vantaggio che il corpo risulta meno stressato”. Secondo Galloway “la maggior parte dei principianti suppone che l’obiettivo debba essere quello di riuscire, un giorno, a eseguire una corsa senza fare pause, ma questo non sempre è necessario. Anche i corridori agonisti più esperti notano che le pause durante le corse lunghe assicurano un recupero più veloce”. 

Per i corridori meno esperti o gli anziani questo metodo è molto conveniente, e anche i maratoneti che percorrono la distanza con tempi intorno alle quattro ore non diventano tanto più lenti facendo brevi pause di camminata. Ma i migliori atleti, nonostante Galloway, faranno anche in futuro la long run a ritmo costante o a velocità progressiva.

Tranquilla, variabile o a velocità progressiva

Panoramica di tre versioni di long run

  • Long run tranquilla: il ritmo è nel range inferiore della resistenza di base (dal 65 al 75 percento della frequenza cardiaca massima) e viene mantenuto costante per tutta la durata dell’allenamento. Questa è la versione più utilizzata dagli atleti dilettanti. 
  • Long run variabile: il ritmo di base è come nella long run tranquilla, ma in mezzo si inseriscono periodicamente fasi rapide che si avvicinano alla velocità di gara.
  • Long run a velocità progressiva: la long run parte normalmente e in scioltezza, ma poi diventa sempre più rapida, finché alla fine si è leggermente più veloci che nella gara. 

Per i potenziali maratoneti la long run è d’obbligo. Prima di partecipare bisognerebbe averne eseguite almeno 4-6. Ma anche chi corre la mezza maratona dovrebbe inserire regolarmente corse lunghe nel programma di allenamento. La lunghezza ideale si delinea con il tempo. Da 90-100 minuti un allenamento è considerato una long run. Potrebbero volerci due ore o anche due ore e mezza, ma per questioni di salute non dovrebbe durare più di tre ore.

 

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