Pacing nel trail running

19. maggio 2025

Foto: Andreas Gonseth

In salita il cuore accelera, in discesa bruciano i quadricipiti: il trail running mette alla prova tutto il corpo. Ma oltre alla muscolatura, è soprattutto la gestione intelligente delle energie, il cosiddetto pacing, a fare la differenza nel modo in cui si affronta il percorso.

Chi padroneggia l’arte del pacing corre in modo più efficiente e con più piacere, sia in allenamento che in gara. Una buona capacità di autovalutazione è fondamentale.

Nel quotidiano può aiutare una regola semplice: un trail runner di livello medio impiega circa la metà del tempo di un escursionista. Le tempistiche indicate sui cartelli dei sentieri svizzeri possono quindi essere divise per due per avere un riferimento indicativo.

In competizione si può stimare che ogni 100 metri di dislivello in salita equivalgano a circa 600–700 metri “piatti”. Ad esempio, un chilometro con 100 metri di dislivello richiede più o meno lo stesso tempo di 1,6–1,7 chilometri in piano.

App utili per stimare i tempi

App come Strava o Komoot aiutano a calcolare tempi di percorrenza realistici. Komoot offre un sistema di filtri che permette di selezionare diversi livelli di forma fisica, da non allenato a in forma fino a livello professionale, fornendo così una stima personalizzata della durata del percorso. Dopo alcune uscite, si capisce bene quale livello corrisponde al proprio ritmo reale. Con Strava, invece, l’app apprende dai dati raccolti nelle uscite precedenti e affina via via la stima della performance, rendendo sempre più precisa la previsione dei tempi utili per la pianificazione.

Frequenza cardiaca, ritmo e sensazioni

In pianura è possibile controllare il ritmo con precisione tramite velocità o battito cardiaco. In salita, però, questi parametri diventano meno affidabili: il battito aumenta rapidamente e il passo dice poco sullo sforzo reale. Nel trail running, quindi, la percezione corporea è fondamentale. Chi si allena regolarmente sui sentieri sviluppa con il tempo un buon intuito sull’intensità che riesce a sostenere a lungo.

Invece di concentrarsi solo sui numeri, conviene ascoltare il proprio respiro, la frequenza dei passi e il carico muscolare. L’intensità percepita diventa il principale indicatore, e un buon pacing diventa una routine automatica.

Correre o camminare? Trovare l’equilibrio

In salita, passare alla camminata è del tutto normale e spesso strategico. Così si modula lo sforzo, si variano i gruppi muscolari coinvolti e si evitano picchi eccessivi della frequenza cardiaca. Soprattutto su salite lunghe, è utile alternare corsa e camminata con regolarità. Importante: tornare di tanto in tanto al passo di corsa anche solo per pochi metri, per riallineare il busto e recuperare il ritmo. Appoggiare le mani sulle cosce durante la camminata aiuta a sfruttare meglio la forza.

Conoscere il percorso = gestire meglio le energie

Un aspetto spesso sottovalutato del pacing è la conoscenza del percorso. Chi sa dove si trovano le salite, le discese, i ristori e i tratti tecnici può pianificare meglio le energie. Molti organizzatori forniscono profili altimetrici dettagliati, che si possono stampare e, ad esempio, incollare sull’avambraccio. Anche stimare in anticipo il tempo totale di gara con l’aiuto di esperienze precedenti e formule di conversione è utile per distribuire correttamente le forze.

Infine, visualizzare mentalmente il tracciato prima della gara aiuta a evitare sorprese e a gestire meglio le proprie risorse.