Stretching negli sport Endurance: quale forma usare e quando?

Johanka Simkova 20. luglio 2025

via Canva.com: Brenda Sangi Arruda

Per anni si è ritenuto che lo stretching statico, svolto prima e dopo l’allenamento o la competizione, fosse fondamentale per migliorare le prestazioni e prevenire gli infortuni. Oggi però la scienza dello sport ha rivisto questo approccio in modo significativo.

Il metodo tradizionale: stretching statico prima dell’attività fisica

Lo stretching statico consiste nel mantenere un muscolo in posizione di allungamento per un periodo definito, di solito tra i 15 e i 60 secondi. Per molto tempo si è ritenuto utile eseguirlo prima dello sforzo fisico, con l’idea che potesse “sciogliere” muscoli e articolazioni, riducendo così il rischio di infortuni e migliorando la performance.

Tuttavia, numerosi studi hanno messo in discussione questa teoria. I risultati dimostrano che lo stretching statico prima dell’attività, soprattutto se prolungato oltre i 60 secondi, può ridurre temporaneamente la forza muscolare e la capacità di esprimere potenza, con un impatto negativo sulle prestazioni.

L’approccio attuale: attivazione dinamica prima dello sforzo

Le evidenze scientifiche mostrano che lo stretching statico non è una strategia efficace per preparare il corpo in maniera specifica all’attività fisica, in particolare negli sport di resistenza come corsa, ciclismo o sci di fondo.

Al suo posto si consiglia di svolgere esercizi dinamici di riscaldamento e attivazione. Si tratta di movimenti attivi che simulano i gesti della disciplina praticata e preparano in modo mirato la muscolatura. Tra gli esercizi più comuni troviamo: slanci di gambe e braccia, torsioni del busto, affondi, circonduzioni delle anche e delle spalle, oppure esercizi di tecnica di corsa (come il cosiddetto “corsa ABC”).

Questi esercizi dinamici attivano efficacemente i gruppi muscolari coinvolti, migliorano la mobilità articolare e aumentano l’escursione di movimento. Inoltre, riducono la rigidità muscolare e articolare, promuovono la circolazione sanguigna e il riscaldamento corporeo, favorendo una contrazione muscolare più efficiente e riducendo il rischio di infortuni. Anche la coordinazione e l’attivazione neuromuscolare ne beneficiano: il corpo è più pronto a muoversi in modo preciso e a reagire rapidamente.

Importante: i movimenti dinamici dovrebbero essere integrati in un riscaldamento completo e non rappresentarne il punto di partenza. Prima è consigliabile attivare il corpo con circa 10 minuti di corsa leggera o attività simile a bassa intensità, in modo da aumentare la temperatura corporea e il flusso sanguigno nei muscoli. Successivamente, si può passare a esercizi dinamici specifici per la disciplina praticata.

Il momento giusto per lo stretching statico? Dopo l’attività

A fine allenamento, i muscoli sono caldi e più predisposti all’allungamento. È quindi il momento ideale per eseguire stretching statico. Che venga fatto subito dopo l’allenamento o più tardi, ad esempio a casa, dipende dalle preferenze individuali e non incide sull’efficacia.

Lo stretching post-attività aiuta a rilassare muscoli e mente, riduce eventuali tensioni e contribuisce a mantenere o migliorare la flessibilità.

Ogni atleta dovrebbe concentrarsi sui gruppi muscolari più sollecitati dallo sport praticato. Nel caso della corsa, ad esempio, è utile allungare polpacci, quadricipiti, muscoli posteriori della coscia e flessori dell’anca. Si consiglia di mantenere ciascun allungamento per 20 o 30 secondi, respirando in modo profondo e controllato per favorire il rilassamento. Importante: lo stretching non deve provocare dolore, ma risultare piacevole e distensivo.

Praticato con costanza, lo stretching statico può migliorare nel tempo la postura, la percezione corporea e l’efficienza del movimento. Tutti elementi essenziali per chi pratica sport di resistenza, al fine di evitare compensazioni posturali e infortuni da sovraccarico.

Attenzione: lo stretching statico non è adatto a tutti

Lo stretching può essere utile a molti, ma non è indicato per chi soffre di ipermobilità articolare o disturbi del cosiddetto spettro ipermobile (HSD). In queste persone, l’eccessiva escursione articolare è già presente e si accompagna spesso a instabilità. Lo stretching statico può aggravare questa instabilità e aumentare il rischio di infortuni. In questi casi, è più utile concentrarsi su esercizi di rinforzo e stabilizzazione, per migliorare il controllo motorio e il sostegno muscolare delle articolazioni.

Inoltre, lo stretching è un’esperienza soggettiva: esistono anche atleti che non lo praticano regolarmente e non notano alcuna conseguenza negativa sul loro rendimento.

Evitare lo stretching statico dopo sforzi intensi o gare

Dopo allenamenti particolarmente intensi o una gara impegnativa, come una maratona, è preferibile non fare stretching statico, soprattutto in presenza di dolori muscolari (DOMS). Le fibre muscolari, incluse le miofibrille, così come le fasce e le inserzioni tendinee, possono presentare microlesioni dovute allo sforzo. Stirare i muscoli in queste condizioni può peggiorare il danno invece di favorire il recupero.

In tali situazioni, è meglio optare per il riposo o per movimenti molto dolci. Le strategie di rigenerazione più efficaci includono:

  • un’alimentazione equilibrata, ricca di proteine e carboidrati
  • un sonno sufficiente e di qualità
  • attività leggere come nuoto o bicicletta a bassa intensità
  • bagni o docce alternate caldo-freddo
  • sauna o infrasauna
  • massaggi delicati o linfodrenaggio manuale
  • indumenti compressivi (es. calze o gambali) per migliorare la circolazione

Conclusione

Lo stretching è parte integrante della routine di molti sportivi, ma è fondamentale scegliere la forma giusta al momento giusto. Negli sport di resistenza, ecco cosa tenere a mente:

  • Prima di allenamento o gara: privilegiare esercizi dinamici di riscaldamento, evitare lo stretching statico
  • Dopo l’attività fisica: lo stretching statico può favorire il recupero, ma non va praticato dopo sforzi molto intensi
  • Nel quotidiano: le tecniche di allungamento statico aiutano a migliorare la flessibilità e la consapevolezza corporea
  • In presenza di ipermobilità: meglio evitare stretching statico e puntare su esercizi di stabilizzazione

Anche le fasce vanno allungate

Oltre allo stretching muscolare tradizionale, negli ultimi anni si è posta maggiore attenzione all’allungamento delle fasce, soprattutto negli sport di resistenza e forza. Lo stretching fasciale si concentra su intere catene miofasciali, sistemi funzionali composti da muscoli e tessuto connettivo che attraversano più articolazioni. Questi andrebbero allungati per tempi più lunghi, da uno a tre minuti o anche oltre, come accade nello yoga.

  • auto-massaggio con rulli miofasciali (foam roller)
  • pratiche corporee consapevoli come yoga, metodo Feldenkrais o Tai Chi

Tutte queste tecniche migliorano in modo dimostrato l’elasticità, la sensibilità e la scorrevolezza del tessuto fasciale.